Prime Esperienze
IL GIOCO
di ragazzoserio71
18.03.2018 |
18.019 |
3
"Il panorama fu un toccasana sia per gli occhi che per l’anima..."
L’avevo conosciuta su internet. Sposata lei, sposato io. Decidemmo l’incontro in zona neutra, una città lontana una cinquantina di kilometri dalle nostre rispettive zone di residenza. Non ci eravamo promessi nulla, una pizza e due chiacchiere in un locale che avevamo individuato. Dopo mesi di chiacchierate in chatt, avevamo entrambi voglia di dare un volto ai nostri rispettivi pensieri. Non ci eravamo scambiati nessuna fotografia e ci eravamo descritti vagamente e senza scendere nei dettagli.Arrivai al locale in leggero anticipo, mi sentivo molto agitato. Vidi arrivare nel parcheggio una cinquecento ultimo modello di colore giallo, non poteva essere che lei. Non ci eravamo scambiati i numeri di telefono, l’unico segno di riconoscimento era il modello ed il colore delle reciproche auto. Appena scese, le andai incontro dandole la mano:
- Piacere Giulio ma in realtà Davide, le dissi sorridendo.
- Piacere Valeria ma in realtà Paola rispose divertita.
Entrammo e ci accomodammo. Dopo un iniziale imbarazzo in cui nessuno dei due proferiva parola, ci sciogliemmo ironizzando su quell’incontro e pian piano ritrovammo quell’alchimia che avevamo nella chatt.
Avevamo entrambi mentito pure sull’età, solo che io ne avevo aggiunti un paio, mentre lei ne aveva tolti una quindicina. Da entrambi quarantacinquenni in realtà io ne avevo quarantatre mentre lei sessanta.
Comunque una bella donna, molto giovanile. Fu una serata bellissima, ridemmo molto. Non mi aveva colpito fisicamente, ma qualcosa in lei mi affascinava.
Ci salutammo con un bacio sulla guancia, senza nessuna promessa. Probabilmente non era scattato nulla, da parte di nessuno dei due.
Arrivato a casa prima di andare a letto, le mandai un messaggio in chatt per ringraziarla della bella serata.
Mia moglie dormiva, ultimamente dormiva sempre. Era da mesi che non facevamo sesso.
I giorni a seguire io e Paola riprendemmo con la chatt, poi ci scambiammo anche i numeri di telefono. La memorizzai sotto il nome “Paolo geometra”, visto che lavoravo nel settore immobiliare.
Durante la giornata ci sentivamo anche un paio di volte, oramai eravamo diventati amici virtuali.
Un giorno mi capitò un immobile di pregio in collina, dovevo cercare di venderlo, apparteneva a dei clienti facoltosi. Era una villa sviluppata su due piani, con piscina in giardino e un piccolo bagno termale al suo interno. Avevo le chiavi e dovevo andare a fare un sopralluogo.
Descrissi la casa che per ora avevo visto solo in foto a Paola, durante una delle nostre telefonate.
Scherzando mi disse che le sarebbe piaciuto visitarla, tanto per vedere come se la passavano i ricchi.
Le risposi che se voleva potevo accontentarla, stavo partendo per andarci. Rispose di mandarle l’indirizzo e che avrebbe fatto il possibile. Ci salutammo con una fragorosa risata,ma l’indirizzo comunque glielo mandai. Guidai per un’ora e mezza di cui quaranta minuti buoni tra tornanti e salite varie. Il panorama fu un toccasana sia per gli occhi che per l’anima.
Stavo visitando la casa al secondo piano quando sentii vibrare il telefono, era un messaggio di Paola: “Toc,Toc. Posso entrare?”
Rimasi allibito, era venuta per d’avvero! Le andai incontro e ci salutammo con entusiasmo. Aveva un vestitino blu che le arrivava al ginocchio, calzava delle scarpe col tacco bianche. Era un incanto.
Visitammo tutta la casa, tenendo per ultima la camera padronale.
Aperta la porta rimanemmo nell’uscio. Oltre al mobilio ci colpì la miriade di specchi che arredavano quell’alcova, pure il soffitto ne era ricoperto. Girai la testa e mi persi nei suoi occhi, i nostri visi si avvicinarono. Le nostre labbra non si toccavano, ma era come se ci stessimo baciando.
Notai un leggero tremolio delle spalle, poi il suo fiato caldo mi arrivò sul viso:
- La porta d’entrata è rimasta aperta, disse sottovoce.
Andai a passo veloce a chiuderla, quando ritornai lei era ancora sull’uscio. Mi colpì il suo sguardo. Pieno di desiderio, ma allo stesso tempo impaurito. Varcare quella porta era un viaggio di sola andata, non si poteva ritornare indietro, entrambi lo capivamo.
Quel suo sguardo! Risvegliava il mio lato animale, la mia parte primordiale, quella più nascosta.
Entrammo e ci fermammo vicino al letto. Eravamo uno di fronte all’altro.
- Dimmi quello che vuoi. Dimmi cosa vuoi che faccia, disse sempre con lo stesso sguardo.
Era questo quello che desiderava? Non capivo, non c’ero abituato. Stava scattando qualcosa dentro alla mia mente, mi stavo caricando di energia, ero eccitato.
Le abbassai le spalline del vestito fino a metà busto, le alzai il reggiseno e strinsi i suoi capezzoli tra le dita.
Chiuse gli occhi e sospirò, poi mi chiese di stringerli più forte. Non sapevo fin dove potevo spingermi ma li strinsi con forza e la vidi tremare di piacere, sembrava quasi avesse avuto un orgasmo.
- Cosa vuoi che faccia? Ora la sua voce aveva cambiato di tonalità.
Le dissi che volevo che me lo prendesse in bocca. Si inginocchiò, mi slacciò i pantaloni e me li abbassò fino alle ginocchia assieme alle mutande e poi iniziò a succhiarmelo. Non capivo più nulla, ero in estasi. Lo vedevo sparire dentro alla sua bocca, avanti e indietro, mentre i suoi occhi mi fissavano vogliosi e impauriti allo stesso tempo. Ero dentro a quel gioco, ero complice di quel gioco, e mi piaceva da impazzire. La feci alzare e la misi a pancia in giù sul letto ma con i piedi a terra, a novanta gradi.
Alzai il vestito gli abbassai le mutandine e la penetrai.
Era calda e bagnata. Continuai a penetrarla con vigore, aumentando di velocità,non mi importava più di nulla, volevo svuotarmi dentro di lei.
Tra un sospiro e l’altro continuava a chiedermi cosa volevo, accrescendo la mia eccitazione a dismisura.
Ad un certo punto mi fermai e lo tirai fuori. Il suo corpo minuto tremava. Le dissi : “è questo quello che voglio”! Dopo avergli inserito un dito nell’ano, la sodomizzai.
Venni dentro di lei dopo pochi minuti.
Tutto il nostro amplesso durò non più di un quarto d’ora, ma fu qualcosa di straordinario!
Da quel giorno iniziò la nostra relazione o presunta tale. Era più una questione di sesso, o una questione di gioco. Lei era la mia schiava e io il suo padrone. Era un gioco di ruolo, soft, molto sottile ma perverso.
Riuscivamo ad incontrarci un paio di volte al mese, sempre su locations che avevo in carico per la vendita.
Le dicevo come doveva vestirsi per i nostri incontri, soprattutto nell’intimo, e lei mi ubbidiva. Poi mi disse che potevo anche proporle dell’oggettistica, a lei piaceva. Fu così che iniziai ad acquistare vibratori di tutte le misure, pinze stringi capezzoli e perfino un piccolo frustino. Fu lei ad introdurmi, ad insegnarmi. C’era una parola d’ordine che avevamo prefissato. Pronunciata quella parola, ci sarebbe stato lo stop immediato del gioco. Ma non ce ne fu mai bisogno. Diceva che ero bravo, sapevo capire il limite.
A me non interessava procurargli dolore, non ero un sadico. Era il gioco di ruolo, il comandare che mi affascinava. A lei piaceva sentire il dolore nei capezzoli e così glieli stringevo con forza, ma sapevo e percepivo fin dove poter arrivare. Un paio di giorni prima dei nostri incontri, pregustavo e immaginavo quello che sarebbe potuto succedere. Ogni volta era qualcosa di nuovo. Prima del gioco eravamo due persone normali come tante altre, poi ci calavamo nei nostri rispettivi ruoli e finito il gioco ritornavamo quelli di prima. Più giocavamo, più ci conoscevamo, più il gioco diventava bello e raffinato. Eravamo in piena complicità.
“Con mia moglie il sesso non era mai stato gioco e complicità, ma solo un piccolo attimo di passione.
Tra di noi c’era troppo rispetto.”
In uno dei nostri incontri rimasi addirittura vestito, mentre Paola completamente nuda , divenne il mio giocattolo. La accarezzai a lungo, la leccai, la penetrai con un vibratore. Facevo di tutto per darle piacere. Iniziai a capire che lei era ai miei ordini in senso letterale, ma in realtà era lei a gestire il gioco. Lei eseguiva i miei ordini per farmi piacere ed io le davo ordini per donarle il piacere.
Nel frattempo i rapporti con mia moglie diventavano sempre più freddi, il fare poco sesso ci stava allontanando sempre di più. Questo gioco mi aveva risvegliato i bollori, sembravo un ventenne sempre arrapato. Ci provavo sempre più spesso con mia moglie, ma otto volte su dieci venivo rifiutato. Le due volte in cui ci stava, era sempre comunque la solita minestra. Una sera girata di schiena si era appena addormentata, provai a stuzzicarla perché avevo una gran voglia, ottenni solamente una tremenda litigata. Dopo la lite andai in bagno e mi masturbai pensando a Paola, ai nostri giochi. Ma che cosa mi stava succedendo? In fin dei conti, io amavo mia moglie.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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